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Mèdici, Lorenzo de'.

(detto il Magnìfico). Signore di Firenze e poeta italiano. Figlio di Piero di Cosimo e di Lucrezia Tornabuoni, entrò nella vita politica di Firenze ancora molto giovane; la sua prima missione diplomatica risale infatti al 1466, anno nel quale, in seguito alla riforma dello Stato attuata dal padre Piero, poté accedere alla balìa e quindi far parte del Consiglio dei Cento. Nel 1469 si sposò con Clarice Orsini: tale matrimonio consentiva alla casata dei Medici di elevarsi al di sopra della classe borghese. Nonostante ciò, tuttavia, il M. non trascurò l'attività bancaria e il commercio. Dopo la morte del padre (1469) ebbe il controllo effettivo di Firenze, che esercitò mantenendo intatta l'istituzione repubblicana, ma effettuando una serie di riforme volte al consolidamento del proprio potere personale ed affidando le cariche pubbliche più importanti a persone fedeli: l'autorità del M., privo di titoli ufficiali, si basava sul prestigio politico e sulla ricchezza della sua casata e poté sempre contare sull'appoggio del popolo. La politica estera lo vide impegnato, almeno in un primo tempo, nel rafforzamento dei confini dello Stato (riconquista di Volterra, 1472). In seguito alle intenzioni espansionistiche dimostrate da papa Sisto IV, nel 1474 si unì in lega con Milano e Venezia; due anni dopo fece approvare una legge successoria, garantendosi da qualsiasi tentativo di ingerenza e di prevaricazione da parte della famiglia Pazzi. Questi trovarono quindi un naturale alleato nel papa, che li appoggiò anche in occasione della Congiura dei Pazzi (1478) nella quale rimase ucciso il fratello del M., Giuliano (V. PAZZI, CONGIURA DEI). Lorenzo, imposto l'esilio ai congiurati, venne scomunicato dal papa che, ottenuto il sostegno di Ferdinando I d'Aragona, mosse contro Firenze. Tuttavia, ottenuto un accordo con lo stesso re di Napoli, egli riuscì ad evitare il conflitto: ciò costituì per il M. un'ulteriore occasione per rinforzare il proprio potere e per inserirsi con crescente autorevolezza nello scenario della vita politica italiana. Gli ultimi anni del suo governo furono caratterizzati dal tentativo, condotto con grande abilità diplomatica, di mantenere nella penisola una situazione di pace e di stabilità: nuovo cardine dell'equilibrio politico italiano divenne il blocco costituito da Firenze, Milano e Napoli, che aveva nel M. il suo massimo artefice. Questi estese il proprio controllo su quasi tutte le signorie minori dell'Italia centrale e riuscì quindi a conseguire l'obiettivo di fondo della sua politica, una situazione di equilibrio e di accordo tra i maggiori Stati italiani quale garanzia di pace e di sicurezza per Firenze. Tipico signore rinascimentale, il M. si servì largamente del mecenatismo come strumento di prestigio ed intrattenne rapporti di amicizia con vari letterati, filosofi e artisti del tempo. Educato dalla madre, dotata di solida cultura e autrice di versi di ispirazione religiosa, egli aveva avuto come precettori figure di primo piano nel panorama culturale quattrocentesco: Marsilio Ficino, Giovanni Argiropulo, Cristoforo Landino. Oltre che promotore culturale e protettore di artisti, il M. fu anche poeta, autore di numerose opere che nel loro carattere eclettico costituiscono uno specchio fedele delle tendenze artistiche, dotte e popolari, del suo tempo. La sua produzione, ricca di motivi e aspetti diversi, può essere suddivisa in tre periodi, anche se una tale divisione ha carattere approssimativo, data la scarsità di precisi riferimenti cronologici. Al periodo giovanile, antecedente al 1470, appartengono opere poetiche vivaci e prevalentemente comiche, che rivelano una chiara influenza della maniera di Pulci: la Nencia da Barberino (ma l'attribuzione è tuttora incerta) e la Uccellagione di starne, entrambi poemetti in ottave; il Simposio, in terzine; la prima parte delle Rime, ispirate a Petrarca; le due novelle Giacoppo e Ginevra. In un secondo periodo, che corrisponde agli anni 1470-84, quelli dell'assunzione effettiva del potere, il M. si dedicò alla composizione di opere di argomento più serio e in stile più elevato: l'Altercazione, in terzine, che sul modello del De Felicitate di Marsilio Ficino affrontava il tema della felicità; il Comento ad alcuni dei propri sonetti, in prosa; la seconda parte delle Rime. Dopo il 1484 la produzione artistica del M. si mostra incline ad un maggior realismo e affronta tematiche religiose; il dettato poetico, più controllato, si mostra più fedele alla lezione dei classici. Risalgono a quest'ultimo periodo: il poemetto in ottave Ambra; l'egloga mitologica Corinto; le due Selve d'Amore, in ottave; le Laudi di argomento religioso, fra le quali la celebre Rappresentazione di san Giovanni e Paolo. A testimonianza dell'atteggiamento versatile ed eclettico del poeta sono i Canti carnascialeschi e le Canzoni a ballo, anch'essi risalenti all'ultimo periodo creativo, ma fondati su una comicità licenziosa e talvolta volgare (Firenze 1449 - Careggi, Firenze 1492).